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L'anarchia dello Skialp

Cinque anni orsono investivo il fondo delle mie scarse finanze di studente in un set da scialpinismo, immolando sull'altare del vil denaro gli sci da discesa e raccattando un paio di scarponi fatti di piombo, ma erano gli unici della mia misura che potessi ramar qua senza impegnare un rene. Ero spinto dal desiderio di esplorare e ne avevo piene le balle di pagare per scendere le solite piste che dopo un po' son sempre uguali, convinto del fatto che sarei rientrato nell'investimento risparmiando il costo dello skipass. Mi ero anche inventato una storia che prevede la corruzione dell'anima da parte di un demone antico, noto come Ski-al-phin-his-moo, che masochisticamente porta i suoi adepti a dover godere della montagna invernale nella sua interezza, liberandosi dalle funi della seggiovia e dal caldo abbraccio dell'antropizzazione. Rito di passaggio per liberarsi dai precedenti dogmi religiosi è sicuramente la prima volta che si prova a centrare i pin degli attacchi, mai insultato così duramente un oggetto inanimato in vita mia. Comunque ci credevo e, dopo cinque anni di militanza nelle file di questa setta, devo ammettere di aver avuto una discreta radicalizzazione. Ho notato che col tempo si sviluppa un certo ribrezzo per qualsiasi attrezzo che pesi più di un chilo e mezzo senza essere largo come un panò, così come col tempo qualsiasi località con una densità umana superiore a 1 elemento/km2 inizi ad apparire a tratti asfissiante.

20210403 082241 gianmarco belotti
Si finisce anche, purtroppo, a combattere con questo demone del cambiamento climatico, che obbliga a spallaggi infiniti e risalite notturne di contrabbando sulle piste, moderni spalloni perennemente in fuga dai gattisti pur di avere la nostra dose di bianca. Ribelli che cercano solo di vedere accettato il loro modo di intendere la neve e che, dopo una gloriosa annata in cui sembrava che un modello di sport e di vita meno impattante e più slow potesse finalmente essere considerato anche dalle persone normali, si sono visti nuovamente relegare a fenomeno marginale, gente a cui dare il contentino in cambio di un obolo ogni tanto.

20220327 123621 gianmarco belotti
E' pur vero che anche il duomo giù a Milano non l'hanno messo in piedi in una stagione, ed il carattere free di chi non vuole darsi confini su dove puntare le assi, che ogni tanto mi pare ancora etichettato come controcorrente, eroderà lentamente i preconcetti che ancora impregnano il mainstream della neve. Questo perchè ho imparato che la felicità ha un sapore migliore se mischiato con quello della cupeta quando è ora di spellare, che no, non c'è pista stazione o località che riempie l'anima come quando si lascia la prima firma su un pendio, che li fuori sei tu e i tuoi soci di ravanate che dettate le regole del gioco (magari anche l'istinto di autoconservazione aiuta), e che questa forma di anarchia è la versione della libertà che di gran lunga cercavo e che preferisco. E se l'ho capito io che sono un po' tardo, lo possono capire tutti. Anche se tra raddoppi dei set e birrette post-uscita, monetariamente ho speso molto più che a fare skipass
stagionali per cinque anni.

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