I bivacchi di montagna per definizione identifica una struttura di piccole dimensioni ed incustodita, posta in luoghi particolarmente isolati per offrire un ricovero di fortuna. Si differenzia dal rifugio alpino per le dimensioni molto più piccole, perché non offre servizi organizzati (pernottamento, pasto, riscaldamento) e per il fatto di essere sempre aperto.
Il bivacco alpino a differenza dei rifugi alpini hanno una storia abbastanza recente. I primi rifugi alpini sorgono intorno a metà Ottocento, mentre l’ideazione – tutta italiana – dei bivacchi è novecentesca. Nel 1923, durante una riunione del CAAI Lorenzo Borelli propone di collocare minuscole strutture incustodite laddove la limitata frequentazione delle montagne non richieda o l’orografia non consenta di erigere veri e propri rifugi. Si prendo spunto dalle “scatole in lamiera” che avevano reso ottimi servizi durante la prima guerra mondiale e tra il 27 e il 30 Agosto 1925 s’inaugurano i primi bivacchi nel gruppo del Monte Bianco.
Le dimensioni di questi primi bivacchi furono di metri 2,25 in larghezza, metri 2 in profondità, metri 1,25 di altezza al colmo, portata poi a metri 1,50 e a metri 1,75; il tutto smontabile in una ventina di colli del peso di 25 chilogrammi ciascuno». Seguono nuove migliorie e sperimentazioni a cura di Ingegneri, Architetti e Alpinisti che metteranno la base ai rifugi “futuribili” che verranno alla luce in seguito.
Dalla fine degli anni Sessanta i bivacchi diventando la diretta realizzazione e sperimentazione di concetti, tecnologie e immaginari legati al mondo dell’aerospazio. Si cerca di sviluppare unità minime di sopravvivenza in ambienti estremi creando un parallelismo tra le esigenze di conquista del cosmo e quello del mondo alpinistico. Da qui in poi le realizzazioni assomigliano così a vere e proprie navicelle spaziali, a strutture “aliene” poste per creare sopravvivenza in ambenti ostili. Il resto, diretta conseguenza di questi precedenti, è storia dei giorni nostri con la nascita e la proliferazioni di rifugi sempre più tecnologici e dal design futuristico e intrigante.
La montagna negli ultimi anni ha vissuto una forte “invasione” e quello che prima era stato creato/realizzato per necessità alpinistica ora trova anche una nuova fruizione a solo a scopo ludico e ricreativo. Il bivacco per sua natura deve rimanere aperto! Chiuderli con le chiavi a valle non li rende fruibili ed anzi può creare enormi disagi in caso di (reale) necessità. Spesso si opta per una chiusura totale o organizzata per cercare di proteggere i bivacchi da vandalismi e danneggiamenti. A volte si leggono notizie di questo tipo ma, per me, è solo una questione di educazione e informazione . Sono fortemente convinto che per mantenere vivo lo spirito di questi luoghi sia necessario non snaturarli, ma anzi partire dalla loro storia (libera) per ritrovare una nuova collocazione nel futuro della fruizione della montagna che attinge alle sue radici ma che guarda al futuro.
Secondo te, che futuro avranno i Bivacchi Alpini ?